Rapporto psicologi/medici sulla psicoterapia: contro-lettera aperta ai legislatori
I DATI SONO STIMATI SULLA BASE DI INDICATORI FNOMCEO, ORDINE PSICOLOGI, SOCIETA’ ITALIANA DI PSICHIATRIA, MIUR
STATO ATTUALE 2007
PSICOLOGI 60.000
PSICOLOGI PSICOTERAPEUTI 25.000
MEDICI 330.000
MEDICI PSICOTERAPEUTI 10.000
MEDICI PSICOTERAPEUTI ART.35 1.000
MEDICI PSICHIATRI 7.000
INCREMENTO ANNUO
ANNUO QUINQUENNALE
PSICOLOGI 8.000 40.000
PSICOLOGI PSICOTERAPEUTI ART.35 4.000 20.000
MEDICI 7.500 37.500
MEDICI PSICOTERAPEUTI 600 3.000
MEDICI PSICOTERAPEUTI ART.35 100 500
MEDICI PSICHIATRI 250 1.250
PROIEZIONE 2007 – 2012 – 2017
2007 2012 2017
PSICOLOGI 60.000 100.000 140.000
PSICOLOGI PSICOTERAPEUTI 25.000 45.000 65.000
MEDICI PSICOTERAPEUTI 10.000 13.000 16.000
MEDICI PSICOTERAPEUTI ART.35 1.000 1.500 2.000
MEDICI PSICHIATRI 7.000 8.250 9.500
RAPPORTI
2007 2012 2017
TOTALE PSICOTERAPEUTI 35.000 58.000 81.000
DI CUI PSICOLOGI 25.000 45.000 65.000
DI CUI MEDICI 10.000 13.000 16.000
RAPPORTO PSICOLOGI/PSICOTERAPEUTI 42% 45% 47%
RAPPORTO MEDICI/PSICOTERAPEUTI 3% 4% 5%
Si ringrazia il Dott. Luca Pezzullo per la raccolta e l’elaborazione dei dati
Chiunque osservi questi dati si può rendere conto di come la forbice tra psicologi e medici all’interno della professione psicoterapeutica tenderà sempre più ad allargarsi a favore degli psicologi, che già ora sono la netta maggioranza ma che col passare degli anni lo diventeranno sempre più.
La Proposta di Legge sulla Psicoterapia, che pure ci auguriamo sia approvata, determinerà di fatto -se passerà nella formulazione proposta con il più recente testo unificato - un’inammissibile sproporzione di potere tra le due categorie professionali implicate nella medesima funzione pubblica, in quanto l’articolo 2 del suddetto testo unificato prevede che la fase diagnostica sia espletata da parte di uno psichiatra o di uno psicologo clinico del servizio pubblico, e noi tutti sappiamo quale sia la proporzione nei servizi della salute mentale tra le due categorie. C’è, inoltre, il comma 5 dello stesso articolo 2 del testo unificato che prevede sia il Servizio Pubblico, unilateralmente, a stabilire progetto e durata dell’intervento.
Si realizzerebbe così qualcosa che nessun clinico che si rispetti opererebbe mai e poi mai: ci sarebbero dei “diagnosti” (quasi tutti medici) che stabiliscono per filo e per segno cosa debba fare il terapeuta convenzionato (quasi sempre uno psicologo, come dimostrano i dati su citati) relegato a mera parte esecutiva, in assoluta mancanza di autonomia professionale e soprattutto di contrattualità terapeutica con il paziente: una vera e propria parodia dell’intervento psicoterapeutico. Abbiamo chiesto un emendamento a questo ingiustificabile comma 5 dell’art.2 e confidiamo che il prof. Cancrini, assieme alla Commissione Parlamentare, ci presti ascolto e lo modifichi.
Ora, a sentire il Dott. Mottola e la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), i medici chiedono addirittura - con la lettera aperta che abbiamo pubblicato - (e come una sorta di ritorsione per la recente sentenza del Consiglio di Stato sulla psicologia clinica a loro sfavore), di negare agli psicologi la possibilità di eseguire diagnosi finalizzate alla cura psicoterapeutica.
Siamo veramente alla farsa! Un professionista ritenuto abile alla cura non potrebbe, secondo questa logica, essere in grado di effettuare una diagnosi, atto preliminare alla cura stessa! Veramente ridicolo e illogico, buono come boutade.
E’ diventato un assurdo giochino di potere che nulla ha che fare con la salvaguardia dell’utenza, con la serietà professionale e scientifica e, a questo punto, neanche con la posizione della legge.
Il punto cruciale è, come al solito, l’argomento trito e ritrito della diagnosi differenziale medica, che in realtà è solo fumo negli occhi per il legislatore dato che qualunque clinico di formazione psicologica conosce molto bene i limiti del proprio intervento ed è perfettamente in grado di valutare l’opportunità di inviare il proprio paziente ad un medico per approfondimenti clinici che escludano la presenza di una patologia organica. Tesi resa ancora meno pregnante dal fatto che ogni cittadino usufruisce gratuitamente del supporto di un medico di base a cui spetta già il compito di occuparsi della diagnosi relativa ai disturbi organici del proprio paziente.
Se ora la FNOMCeO intende giocare con la parola “diagnosi” lo faccia pure. Noi non ci stiamo e semmai lavoreremo nella direzione di sostenere la più proficua collaborazione tra medici e psicologi anche in ambito diagnostico, per cui ognuno compia la sua diagnosi senza sconfinare nella beata onnipotenza medica celata dietro la diagnosi differenziale.
Il Dott. Mottola nella stessa lettera aperta cita la 56/89 contro se stesso in quanto essa recita: “La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità”). Il fatto che non si parli di diagnosi differenziale non significa in nessun modo che essa sia necessaria per effettuare un valido intervento psicoterapeutico. E dato che la diagnosi, secondo la legge, è prerogativa di psicologi e psichiatri, si rassegnino gli amici medici ad accettare che la salute mentale non è un territorio di conquista.
Quando gli argomenti scientifici sono usati con questa modalità “elastica” e diventano strumentali a giustificare posizioni di presunto potere istituzionale viene da pensare che si cerchi di salvaguardare esclusivamente una posizione corporativistica e null’altro.
Ci sarebbe da chiedere, piuttosto, al legislatore (come fa la collega Sciubba in un recentissimo articolo pubblicato su AP, ndr) secondo quale ratio formativa uno specializzato in psichiatria risulti abilitato ad esercitare la psicoterapia, non avendo egli svolto una formazione specifica e non avendo superato alcun esame di stato che riguardi questa professionalità.
Rifletta, infine, il legislatore sui dati qui riportati e consideri quanto sia sensato formulare un testo di legge che, nelle parti qui citate, sia manifestatamente avverso alla principale categoria che dovrebbe applicarlo.
Luigi D’Elia per Redazione di AltraPsicologia
Ultim’ora!
08/10/2007 – Sono stati accolti (anche, ndr) gli appelli proposti dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi contro il Ministero dell’Istruzione e contro quattordici Università che hanno attivato Scuole di Psicologia Clinica aperte ai medici, annullando sia il Decreto Ministeriale del 2005 che inserisce la Psicologia Clinica tra le specializzazioni nell’area medica, sia gli statuti e i bandi di accesso alle singole scuole universitarie che prevedono l’ammissione dei medici ai relativi corsi. Risulta confermato, in buona sostanza, l’orientamento su cui si era attestato il Consiglio di Stato nel 2004 quando, con la sentenza n. 981, fu annullata la previsione di accesso ai medici alla Scuola di Psicologia Clinica dell’Università di Padova.